Ricorso  della  Provincia  Autonoma   di   Trento   (cod.   fisc.
00337460224), in  persona  del  Presidente  pro  tempore  Ugo  Rossi,
autorizzato dalla deliberazione  della  Giunta  provinciale  n.  2571
dell'11 dicembre  2013  (doc.  1)  e  dalla  delibera  del  Consiglio
provinciale 18 dicembre 2013, n. 5 (doc. 2), rappresentata e difesa -
come da procura speciale n. 27962 di rep. del 13 dicembre 2013  (doc.
3) rogata dal  dott.  Tommaso  Sussarellu,  Ufficiale  rogante  della
Provincia  -  dall'avv.  prof.  Giandomenico   Falcon   (cod.   fisc.
FLCGDM45C06L736E) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod. fisc.
PDRNCL56R01G428C)  dell'Avvocatura  della  Provincia  di   Trento   e
dall'avv. Luigi Manzi (cod.  fisc.  MNZLGU34E15H501Y)  di  Roma,  con
domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via  Confalonieri,
n. 5, 
    Contro  la  Presidenza  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale  dell'articolo  2-bis,
comma 2, e dell'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 31  agosto
2013, n. 102, recante «Disposizioni urgenti in  materia  di  IMU,  di
altra fiscalita' immobiliare, di sostegno alle politiche abitative  e
di finanza locale,  nonche'  di  cassa  integrazione  guadagni  e  di
trattamenti  pensionistici»,  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 28 ottobre 2013, n. 124, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
254  del  29  ottobre  2013,  Supplemento  Ordinario  n.  73/L,   per
violazione: 
        dello Statuto speciale approvato con decreto  del  Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige), con riferimento agli articoli 75, 79, 103,  104
e 107, e delle connesse norme di attuazione; 
        del titolo VI dello stesso Statuto speciale, con  particolare
riferimento agli articoli 79, 80 e 81,  ed  alle  relative  norme  di
attuazione (decreto legislativo 16 marzo 1992, n.  268,  segnatamente
articoli 9, 10, 10-bis e 17, 18 e 19); 
        dell'articolo 8, n.  25)  e  dell'articolo  16  dello  stesso
Statuto speciale nonche' delle relative norme di attuazione  (decreto
del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 469); 
        in quanto occorra dell'articolo  117  della  Costituzione  in
combinato disposto con l'articolo 10 della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3, 
        del principio di ragionevolezza, espresso dall'art. 3 Cost. 
 
                              F a t t o 
 
    La presente impugnazione e' rivolta avverso due specifiche  norme
del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, nel testo risultante  dalla
conversione in legge 28 ottobre 2013, n. 124,  recante  «Disposizioni
urgenti in materia  di  IMU,  di  altra  fiscalita'  immobiliare,  di
sostegno alle politiche abitative e di  finanza  locale,  nonche'  di
cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici». 
    Invertendo l'ordine prescelto dal legislatore, conviene  iniziare
l'esame dall'art. 3, il quale direttamente si collega agli articoli 1
e 2 (che non formano oggetto di impugnazione), mentre l'art. 2-bis  -
come subito dopo si dira' - si riferisce ad una situazione specifica,
dettando una disciplina particolare. 
    La ragione dell'art. 3 sta nel fatto che  le  disposizioni  degli
articoli 1 e 2,  determinando  per  il  2013  l'esonero  dall'Imposta
Municipale Propria (IMU) dell'abitazione  principale  (la  cosiddetta
«prima casa»), determina una rilevantissima diminuzione  del  gettito
destinato ai Comuni. Il  legislatore  si  e'  fatto  carico  di  tale
problema,  appunto  individuando  nel  bilancio  statale  determinate
risorse compensative. 
    Sennonche', mentre per quanto riguarda i comuni delle  Regioni  a
statuto  ordinario,  della  Sicilia  e  della   Sardegna   l'art.   3
precisamente determina l'ammontare del  contributo  (comma  1)  e  ne
prevede la ripartizione in favore dei Comuni (comma  2),  per  quanto
riguarda  i  comuni  delle  regioni  Friuli-Venezia  Giulia  e  Valle
d'Aosta, nonche' delle province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
(cioe' delle autonomie speciali  cui  «la  legge»  -  in  realta'  lo
Statuto speciale -  attribuisce  competenza  in  materia  di  finanza
locale), si dispone (comma 2-bis) che  «la  compensazione  del  minor
gettito dell'imposta municipale propria derivante dalle  disposizioni
degli articoli 1 e 2 del presente  decreto»  avvenga  «attraverso  un
minor accantonamento a valere sulle  quote  di  compartecipazione  ai
tributi  erariali,  ai  sensi  dell'articolo  13,   comma   17,   del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214». 
    In altre parole, per le  comunita'  regionali  e  provinciali  in
questione la «compensazione» non avviene attraverso la corresponsione
di risorse, ma attraverso una «minore sottrazione». 
    Tale  comma  2-bis  dell'art.  3  forma  oggetto  della  presente
impugnazione, per le ragioni che verranno esposte  di  seguito  nella
parte in Diritto, e che si collegano all'impugnazione  gia'  proposta
dalla stessa Provincia autonoma avverso l'articolo 13, comma 17,  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201. 
    Forma oggetto di impugnazione - come anticipato - anche il  comma
2 dell'art. 2-bis. 
    Il  comma  1  di  tale  articolo  (che  non  forma   oggetto   di
impugnazione) determina anch'esso per i comuni un minor gettito  IMU:
esso infatti prevede che,  «per  l'anno  2013  e  limitatamente  alla
seconda rata dell'imposta municipale propria di cui  all'articolo  13
del  decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.  201»,  i  comuni  possano
«equiparare all'abitazione principale» le unita' immobiliari (non  di
lusso) concesse in comodato a parenti in linea retta entro  il  primo
grado che le utilizzino come  abitazione  principale:  ed  e'  dunque
evidente che da tale equiparazione deriva un minor  gettito  fiscale,
dato che in sostanza si tratta di una esenzione dall'imposta. 
    In  questo  contesto,  il  comma  2  -  oggetto  della   presente
impugnazione - stabilisce che, «al fine di assicurare ai comuni delle
regioni a statuto ordinario, delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano  il  ristoro  dell'ulteriore
minor   gettito    dell'imposta    municipale    propria    derivante
dall'applicazione del comma 1», ai «comuni medesimi» e' assegnato «un
contributo, nella misura massima complessiva di 18,5 milioni di  euro
per l'anno 2013, secondo  le  modalita'  stabilite  con  decreto  del
Ministro dell'interno,  da  adottare  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere in sede
di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281». 
    Si noti che, nel determinare le  modalita'  di  assegnazione,  il
comma 2 dell'art. 2-bis non richiama i  meccanismi  dell'art.  3,  il
quale a sua volta non si riferisce all'art. 2-bis. 
    Cosi' essendo formulato il testo del comma 2, si intende qui  che
a tali importi compensativi del minor gettito IMU non sia applicabile
il meccanismo di cui  all'art.  3,  comma  2-bis  (peraltro,  ove  si
dovesse  intendere  il  contrario,  varrebbero  comunque  le  censure
rivolte a tale disposizione). 
    Invece, il comma 2 dell'art. 2-bis e' qui censurato in quanto, in
violazione delle regole che, come  si  dira',  governano  la  finanza
locale  nella  provincia  di  Trento,  i   relativi   fondi   vengono
corrisposti direttamente ai comuni, anziche' alla  Provincia  stessa,
affinche' provveda al fabbisogno dei propri Comuni secondo le  regole
appena ricordate. 
    Poste tali premesse, le disposizioni impupiate  risultano  lesive
delle competenze della ricorrente  Provincia  autonoma  di  Trento  e
costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis. 
    Come esposto in narrativa, l'art. 3 del decreto-legge  31  agosto
2013, n. 102, e' rivolto a temperare l'impatto sulle  finanze  locali
dell'eliminazione dell'IMU sulla prima casa, disposta dagli  articoli
1 e 2 dello stesso atto. 
    A questo fine, esso individua due distinti meccanismi. Per quanto
riguarda i comuni delle Regioni a statuto ordinario della  Sicilia  e
della Sardegna l'art. 3  determina  con  precisione  l'ammontare  del
contributo (comma 1) e ne  prevede  la  ripartizione  in  favore  dei
Comuni (comma 2). 
    Per quanto riguarda i comuni delle regioni Friuli Venezia  Giulia
e Valle d'Aosta, nonche' delle  province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano (cioe' delle autonomie speciali cui «la legge» -  in  realta'
lo Statuto speciale - attribuisce competenza in  materia  di  finanza
locale), si dispone (comma 2-bis) che  «la  compensazione  del  minor
gettito dell'imposta municipale propria derivante dalle  disposizioni
degli articoli 1 e 2 del presente  decreto»  avvenga  «attraverso  un
minor accantonamento a valere sulle  quote  di  compartecipazione  ai
tributi  erariali,  ai  sensi  dell'articolo  13,   comma   17,   del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214». 
    Converra'   ricordare   che    lo    «accantonamento»    previsto
dall'articolo 13, comma 17, del decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.
201, altro non e' che il meccanismo attraverso il quale lo  Stato  ha
ritenuto  di  poter  acquisire  dalle   autonomie   speciali   aventi
competenza  in  materia  di  finanza  locale   il   maggior   gettito
determinato dallo stesso art. 13 rispetto alle entrate che affluivano
ai comuni della Provincia di Trento in base  alle  norme  previgenti.
Dal momento che, in forza dell'art. 80, comma 1-ter dello Statuto  di
autonomia, «le  compartecipazioni  al  gettito  e  le  addizionali  a
tributi erariali che le leggi dello  Stato  attribuiscono  agli  enti
locali  spettano,  con  riguardo  agli  enti  locali  del  rispettivo
territorio, alle  province»,  il  recupero  allo  Stato  del  maggior
gettito era posto a carico della Provincia. 
    Infatti,  il  comma  17,  terzo  periodo,  dispone  che  «con  le
procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42,
le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province
autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero  al  bilancio
statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel
proprio   territorio».   Tuttavia,   il   richiamo   alle   procedure
collaborative di cui alle norme di attuazione e' subito smentito  dal
periodo seguente, il quale precisa che,  «fino  all'emanazione  delle
norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27,  a  valere  sulle
quote di compartecipazione ai tributi  erariali,  e'  accantonato  un
importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo»
(enfasi aggiunta). Il quinto periodo provvede poi a quantificare  gli
oneri del «recupero» a carico della autonomie speciali. 
    Cosi' stando le cose, la disposizione qui contestata, al fine  di
«compensare» i comuni della diminuzione  del  gettito  IMU  derivante
dall'esenzione  della  prima  casa,  compie   l'operazione   inversa,
disponendo - appunto - un «minor accantonamento». 
    Nell'intento  del  legislatore,  dunque,   si   tratta   di   una
disposizione favorevole  alle  Province  autonome,  e  la  ricorrente
Provincia ovviamente non la contesta nella parte in  cui  -  supposto
legittimo  l'onere  determinato  dall'art.  13,  comma  17,   ed   in
particolare supposto legittimo il  meccanismo  dell'accantonamento  -
tale onere con il connesso  meccanismo  risulti  diminuito  in  forza
della nuova disposizione. 
    Vi sono tuttavia altre ragioni di censura, che vengono di seguito
esposte. 
    In primo luogo, la ricorrente Provincia ha impugnato con apposito
ricorso diverse disposizioni del d.l. n. 201 del 2011,  contestandone
la legittimita' costituzionale. Tale ricorso e' tuttora pendente, con
il n. 34/2011, e di esso e' opportuno  riportare  la  parte  relativa
all'art. 13, comma 17: 
    «In questi termini,  la  fittizia  comunalizzazione  dei  tributi
immobiliari si traduce nel transito delle corrispondenti risorse  dal
bilancio provinciale al bilancio statale.  La  Provincia,  che  prima
"integrava" la finanza locale avvalendosi delle predette risorse, ora
ne e' priva ma dovra' comunque far fronte alle necessita' finanziarie
dei comuni (art.  81,  comma  2,  St.),  e  dovrebbe  contestualmente
versare allo Stato proprie  risorse  in  misura  corrispondente  alle
maggiori entrate dei Comuni, o comunque in  misura  corrispondente  a
quella a priori determinata dalla impugnata disposizione. 
    In un sistema  nel  quale  la  Provincia  ha  la  responsabilita'
complessiva della finanza locale,  la  sottrazione  ai  comuni  delle
risorse  derivanti  dalle  imposte  ad  essi  destinate   costituisce
contemporaneamente    una    lesione    dell'autonomia    finanziaria
provinciale. 
    In ogni modo, il terzo e quarto periodo  del  comma  17,  dunque,
violano l'art. 75 St. e gli artt. 9 e 10 d.lgs. n.  268/1992  perche'
pretendono di avocare allo Stato risorse di spettanza provinciale, al
di fuori dei casi previsti. 
    Cio' e' vero sia nel caso in cui  si  ritenga  che  il  comma  17
produca  l'effetto  di  avocare  allo  Stato  le  risorse  che  prima
spettavano alla Provincia a  titolo  di  compartecipazione  all'Irpef
fondiaria (art. 75 St.) e di addizionali provinciale e comunale (art.
80, comma 1-ter), sia nel caso in cui si  ritenga  che  la  Provincia
dovrebbe assicurare il recupero allo Stato del maggior gettito con le
proprie risorse ordinarie, per cui il comma 17 produce  l'effetto  di
"far tornare" nelle casse statali risorse spettanti alla Provincia  e
ad essa affluite in attuazione delle regole finanziarie  poste  dallo
Statuto e dalle norme di attuazione (comma 17, terzo periodo). 
    Inoltre, essi violano  l'art.  79  St.  perche'  l'avocazione  e'
disposta con il  fine  del  concorso  al  risanamento  della  finanza
pubblica, mentre la norma statutaria configura un sistema completo di
concorso delle Province  agli  obiettivi  di  finanza  pubblica,  non
derogabile se non con le modalita' previste dallo Statuto. 
    Ancora, essi violano gli  artt.  103,  104  e  107  St.,  proprio
perche' pretendono di derogare agli artt. 75 e 79 St. e al d.lgs.  n.
268/1992 con una fonte primaria "ordinaria". 
    L'art. 107 St. e'  violato  anche  perche'  il  comma  17,  terzo
periodo, pretende di vincolare  unilateralmente  il  contenuto  delle
norme di attuazione. 
    Una menzione separata e specifica richiede  l'illegittimita'  del
quarto periodo del comma 17 che  prevede  lo  "accantonamento"  delle
quote di compartecipazione previste dall'art. 75 Statuto. 
    Va  rilevato,  infatti,  che  tale   "accantonamento"   contrasta
anch'esso frontalmente con l'art. 75 dello  Statuto  e  con  l'intero
sistema finanziario della Provincia da esso istituito. 
    E' evidente, infatti, che le risorse che lo Statuto prevede  come
entrate  provinciali  sono  cosi'  stabilite  perche'  esse   vengano
utilizzate dalla Provincia per  lo  svolgimento  delle  sue  funzioni
costituzionali, e non perche' esse vengano "accantonate".  L'istituto
dell'accantonamento  non  ha  nel  sistema  statutario   cittadinanza
alcuna. 
    Inoltre, l'illegittimita' del  trasferimento  previsto  determina
anche l'illegittimita' dell'accantonamento disposto nella prospettiva
del trasferimento». 
    Ove, come la Provincia autonoma di  Trento  confida,  il  proprio
ricorso   venisse   ritenuto   fondato,   non   vi   sarebbe    alcun
«accantonamento» delle somme che lo  Statuto  prevede  spettino  alla
Provincia, ne' dunque alcun possibile «minor accantonamento». 
    In altre parole, la disposizione e' illegittima in quanto, invece
di prevedere la corresponsione della somma in favore  delle  Province
autonome (oltre che delle  Regioni  Friuli  Venezia  Giulia  e  Valle
d'Aosta), ed in  particolare  della  Provincia  autonoma  di  Trento,
prevede la diminuzione di un accantonamento di fondi che e'  gia'  di
per se' costituzionalmente illegittimo. 
    Tra l'altro, la  disposizione  conferma  anche  ulteriormente  la
natura «sottrattiva» e lesiva dello stesso accantonamento, che  anche
il legislatore  statale  tratta  come  se  fosse  non  un  regime  di
temporanea  indisponibilita'  ma  una  vera  posta  passiva,  il  cui
ammontare puo' venire diminuito da una iniezione di risorse. 
    La disposizione, attribuendo un beneficio destinato  a  rivelarsi
solo apparente, viola - oltre alle disposizioni del titolo  VI  dello
Statuto (e segnatamente l'art. 75, che garantisce alla  Provincia  la
compartecipazione  ai  tributi  erariali),  lo  stesso  principio  di
ragionevolezza. 
    In definitiva,  e'  l'illegittimita'  costituzionale  dell'intero
meccanismo dell'imposizione unilaterale di un contributo finanziario,
realizzato con  lo  strumento  del  cosi'  detto  accantonamento  (in
realta' vera sottrazione di risorse  statutariamente  spettanti),  in
violazione dei parametri gia' fatti valere con il ricorso n. 34/2011,
che  si  riverbera  nell'illegittimita'  costituzionale  anche  della
parziale «attenuazione» di tale accantonamento, destinata  -  ove  il
menzionato  ricorso  sia  ritenuto  fondato  -  ad  essere   travolta
anch'essa o comunque a divenire inoperante. 
    Accanto a tale fondamentale  profilo  di  illegittimita',  vi  e'
pero' anche da osservare che il beneficio che alle Province  autonome
(e alle Regioni Friuli  Venezia  Giulia  e  Valle  d'Aosta)  dovrebbe
derivare dal «minor accantonamento» non e' affatto quantificato,  ne'
risulta in alcun modo quantificabile. 
    Oltre alla  precedente  censura,  dunque,  anche  nella  denegata
ipotesi che l'accantonamento di cui all'art. 13, comma 17,  del  d.l.
n. 201 del 2011 fosse ritenuto legittimo,  e  conseguentemente  fosse
ritenuta legittima anche l'attribuzione alla ricorrente Provincia  di
risorse  finanziarie  nella  forma  di  una   diminuzione   di   tale
accantonamento,   andrebbe   comunque    rilevata    l'illegittimita'
costituzionale della assegnazione di risorse non quantificate  e  non
quantificabili. 
    Si noti che  lo  stesso  d.l.  n.  102  quantifica  perfettamente
l'ammontare dei contributi da assegnare - quale compenso  del  «minor
importo IMU» -  ai  comuni  delle  Regioni  ordinarie,  nonche'  alla
Sicilia e  alla  Sardegna  (art.  3,  comma  1,  d.l.  n.  102/2013),
stabilendo altresi' il meccanismo  di  ripartizione  «in  proporzione
alle stime di gettito da imposta municipale allo scopo comunicate dal
Dipartimento  delle  finanze  del  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze» (art. 3, comma 2). Rimangono invece non quantificate  e  non
quantificabili le risorse  destinate  al  «minor  accantonamento»  in
favore, tra l'altro, delle Province autonome di Trento e di Bolzano. 
    Ora,   sembra   evidente   che   una   ragione   sostanziale   di
ragionevolezza, di equita' e di uguaglianza esige  che  tali  risorse
vengano quantificate e ripartite secondo criteri  corrispondenti.  Di
qui l'ulteriore censura di illegittimita' costituzionale,  in  quanto
la  norma  non  individua  le  risorse  spettanti   alla   ricorrente
Provincia, secondo criteri corrispondenti a quelli utilizzati per gli
altri comuni, in violazione del principio di ragionevolezza  e  delle
regole  statutarie  rivolte  ad  assicurare  certezza  alle   risorse
assegnate alle Province autonome. 
    2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2-bis, comma 2. 
    Come esposto in narrativa, anche  il  comma  2  dell'art.  2-bis,
oggetto della presente impugnazione, e' volto a «compensare» i comuni
«delle regioni a statuto ordinario, delle regioni a statuto  speciale
e delle province autonome di Trento e di Bolzano» di un minor gettito
IMU. 
    Si tratta, in questo caso, del minor  gettito  che  deriva  dalla
circostanza che, ai sensi del comma 1, i comuni sono  autorizzati  ad
«equiparare all'abitazione principale» una unita' immobiliare (non di
lusso) concessa in comodato a parenti in linea retta entro  il  primo
grado che la utilizzino come abitazione principale. 
    Allo scopo di assicurare  il  «ristoro»  del  minor  gettito  che
deriva da queste decisioni, il comma 2  assegna  a  tali  comuni  «un
contributo, nella misura massima complessiva di 18,5 milioni di  curo
per l'anno 2013, secondo  le  modalita'  stabilite  con  decreto  del
Ministro dell'interno,  da  adottare  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere in sede
di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281». Manca tuttavia in questo caso - forse per la
circostanza che l'art. 2-bis e' frutto di un  emendamento  introdotto
in sede di conversione - la norma che per  le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano (e, per comunanza di  logica  giuridica,  per  le
Regioni speciali Friuli-Venezia Giulia e Valle  d'Aosta)  dispone  il
trasferimento  dei   corrispondenti   importi   ad   esse,   anziche'
direttamente ai singoli comuni. 
    Ne risulta, per quanto  riguarda  i  comuni  della  provincia  di
Trento, un diretto finanziamento statale, determinato secondo criteri
decisi pur  essi  dallo  Stato,  in  contrasto  con  le  disposizioni
statutarie ed  attuative  che  prevedono  e  regolano  la  competenza
legislativa ed amministrativa della Provincia in materia  di  finanza
locale nonche' le relazioni finanziarie tra la Provincia stessa e  lo
Stato con riferimento al finanziamento dei comuni. 
    Del resto, che nel  rispetto  dello  Statuto  e  delle  norme  di
attuazione tale debba  essere  il  meccanismo  risulta  dagli  stessi
precedenti  della  legislazione  statale,  come  e'   reso   evidente
dall'art. 1 del d.l. n. 93 del 2008 (conv. in legge n. 126 del 2008),
che, nel disporre l'Esenzione ICI prima casa, al comma 4  regolava  i
meccanismi di compensazione per i singoli  comuni,  quantificando  le
risorse  disponibili  e  stabilendo  che  in   sede   di   Conferenza
Stato-Citta'  ed  autonomie  locali  fossero  stabiliti  «criteri   e
modalita' per la erogazione del rimborso ai comuni  che  il  Ministro
dell'interno   provvede   ad   attuare    con    proprio    decreto».
Contestualmente, pero', era disposto che «relativamente alle  regioni
a statuto speciale, ad eccezione delle regioni Sardegna e Sicilia, ed
alle province autonome di Trento e di Bolzano,  i  rimborsi  sono  in
ogni  caso  disposti  a  favore  dei  citati  enti,  che   provvedono
all'attribuzione delle quote  dovute  ai  comuni  compresi  nei  loro
territori nel rispetto degli statuti speciali e delle relative  norme
di attuazione» (comma 4, enfasi aggiunta; si noti che il comma  4  e'
stato mantenuto in vigore dall'articolo 13, comma 14, lettera a,  del
d.l. n. 201 del 2011, conv. in legge n. 214 del 2011). 
    D'altronde, il contrasto con il sistema statutario  ed  attuativo
della finanza locale risulta chiaramente dalla  considerazione  delle
norme che disciplinano le competenze provinciali ed  i  rapporto  tra
Provincia e Stato nella materia. 
    Infatti, lo Statuto speciale attribuisce alle  province  autonome
la potesta' legislativa in materia di finanza  locale  (articolo  80,
comma 1), nonche' la corrispondente potesta' amministrativa (articolo
16). 
    Tale competenza si manifesta in una serie di  compiti  e  poteri.
Cosi' ai  sensi  dello  stesso  articolo  80,  comma  1-bis,  secondo
periodo, anche nel caso di tributi istituiti con legge dello Stato la
legge provinciale puo' consentire agli enti locali di  modificare  le
aliquote e di introdurre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti
delle aliquote superiori definite dalla normativa statale. 
    Questa competenza si  giustifica  in  quanto  e'  poi  la  stessa
Provincia ad avere la responsabilita' complessiva della  finanza  dei
comuni, come e' reso manifesto dal compito  di  provvedere  al  loro,
finanziamento. Cosi' l'articolo 81, comma 2,  dello  Statuto  prevede
che, allo scopo di adeguare le finanze dei comuni  al  raggiungimento
delle finalita'  ed  all'esercizio  delle  funzioni  stabilite  dalle
leggi,  le  Province  autonome  corrispondono   loro   idonei   mezzi
finanziari da concordare tra il Presidente  della  Provincia  ed  una
rappresentanza unitaria dei comuni; corrispondentemente, spetta  alla
legge provinciale disciplinare il patto di stabilita' interno  per  i
comuni del proprio territorio, come stabilito dall'art. 79, comma  3,
dello Statuto. 
    Coerente  con  il  disegno  risulta  cosi'  anche  il  regime  di
attrazione alla Provincia delle entrate  erariali  altrove  spettanti
direttamente ai comuni, secondo quanto stabilito dal gia' citato art.
80, comma 1-ter, in base al quale «le compartecipazioni al gettito  e
le  addizionali  a  tributi  erariali  che  le  leggi   dello   Stato
attribuiscono agli enti  locali  spettano,  con  riguardo  agli  enti
locali del rispettivo territorio, alle province», ed in base al quale
ove  «la  legge  statale  disciplini  l'istituzione  di   addizionali
tributarie comunque denominate  da  parte  degli  enti  locali,  alle
relative  finalita'  provvedono  le  province  individuando  criteri,
modalita' e limiti di applicazione di tale disciplina nel  rispettivo
territorio». 
    Nell'ambito della normativa di attuazione  statutaria  l'articolo
17 del decreto legislativo 16 marzo  1992,  n.  268,  provvedendo  al
trasferimento  alle  province  autonome  delle  funzioni  statali  in
materia  di  finanza  locale  (comma  1),  prevede  che  le  province
disciplinino con  legge  i  criteri  per  assicurare  un  equilibrato
sviluppo della finanza comunale; l'articolo  18  demanda  alla  legge
provinciale la definizione delle  modalita'  e  dei  criteri  per  la
conclusione dell'accordo previsto  dal  predetto  articolo  81  dello
Statuto speciale (comma 2). 
    In definitiva, secondo il  modello  di  finanza  locale  definito
dallo Statuto di autonomia la Provincia autonoma appare il baricentro
del sistema, il punto di snodo necessario tra lo Stato e i Comuni, il
punto  nel  quale  si  valutano  correttamente  e  specificamente  le
necessita' del sistema locale e dei singoli  comuni,  sulla  base  di
regole e  criteri  autonomamente  definiti,  d'intesa  con  i  Comuni
stessi, al livello provinciale: un modello  concretamente  realizzato
sin dalla legge provinciale 15 novembre 1993, n. 36,  recante  «Norme
in materia di finanza locale», in seguito costantemente mantenuta  ed
aggiornata;  un  modello  che,  palesemente,  esclude   trasferimenti
diretti dallo  Stato  ai  comuni,  i  quali  darebbero  vita  ad  una
impropria  «amministrazione»  statale   dei   comuni   trentini,   in
violazione dei compiti affidati alla Provincia dagli articoli 80 e 81
dello Statuto, e rappresenterebbero un momento  di  incoerenza  e  di
irrazionalita' del sistema,  con  ulteriore  violazione  dell'art.  3
Cost. 
    Al contrario, i criteri e le modalita' di riparto  delle  risorse
finanziarie  da  attribuire  ai   comuni   devono   essere   definiti
nell'ambito del sistema finanziario provinciale, e tenendo  conto  di
tutti gli elementi caratterizzanti di tale sistema: ad  esempio,  per
quanto riguarda gli indicatori dei requisiti economici necessari  per
l'accesso all'agevolazione,  dovra'  tenersi  conto  di  quelli  gia'
stabiliti dalla Provincia nell'esercizio delle  proprie  attribuzioni
in  materia  di  politiche  sociali  ai  sensi  dello   Statuto   (in
particolare art. 8, n. 25) e delle relative norme di  attuazione  (in
particolare d.P.R. 28 marzo 1975, n. 469), nonche', dopo il 2001,  ai
sensi  dell'articolo  117,  quarto  comma,  della  Costituzione   (in
connessione con l'articolo 10 della legge costituzionale  18  ottobre
2001, n. 3). 
    Di     conseguenza,     l'impugnata     disposizione      risulta
costituzionalmente illegittima in quanto non prevede - in luogo della
diretta  assegnazione  di  risorse  statali  ai  singoli   comuni   -
l'assegnazione delle corrispondenti risorse  alla  Provincia  stessa,
affinche' essa ne disponga secondo le proprie  regole  in  attuazione
del proprio compito statutario di finanziamento dei comuni.